Antica città di Telesia
La città sannitica di Telesia è menzionata per la prima volta nel 217 a.C., quando fu occupata da Annibale, poi nel 214 a.C., quando fu riconquistata da Quinto Fabio Massimo. All'epoca dei Gracchi o di Silla vi fu dedotta la colonia di legionari romani Herculea Telesina. Nell'alto Medioevo fece parte del ducato di Benevento e fu sede di un gastaldato; per la sua importanza strategica fu al centro delle sanguinose e lunghe lotte politico-dinastiche dei Longobardi meridionali e venne devastata dai Saraceni nell'847 e nell'863. Divenuta contea normanna intorno al 1100, la città venne incendiata nel 1193 da Tancredi di Lecce perché parteggiava per Enrico VI di Svevia. Nel 1349 fu distrutta totalmente da un rovinoso terremoto e non risorse più. A Telesia nacque Ponzio Telesino, condottiero dei Sanniti nel 90-89 a.C. e poi, durante la guerra civile, caduto nell'82 a.C. nella battaglia contro Silla alle porte di Roma. La città di Telesia sorgeva anticamente lungo la pianura "Vagnara"ora parte del territorio comunale di S. Salvatore Telesino, e a metà strada con l'attuale centro di Telese. Originariamente venne chiamata Tulosiom dai Sanniti; divenuta poi, una colonia romana, assunse il nome di Telesia.Fu una città ricca ed opulenta, ebbe un teatro, un circo, il foro, le terme, ed una propria moneta con cui attendeva ai traffici ed al commercio con i popoli limitrofi. Sono ora visibili i resti delle mura che circondavano la città, mentre restano poche tracce delle abitazioni che erano costruite ad una certa distanza all'interno del muro.
Le mura dell'antica Telesia
Le mura erano costruite con fortissimo calcestruzzo in scaglie calcaree molto compatte e rivestite di tasselli quadrangolari: questa tecnica costruttiva fu chiamata "opera reticolata". Un insieme di torri, alcune rotonde altre poligonali, erano poste simmetricamente lungo tutto il percorso dell' opus reticulatum. Esse erano più numerose nei punti in cui si aveva una minore difesa naturale e quindi si rendeva necessaria una maggiore fortificazione. Lungo la cinta muraria si aprivano quattro porte principali ed alcune secondarie: una occidentale volgeva verso Capua ed era posta in prossimità dell'Anfiteatro; una a nord era volta verso Alife, Venafro e Cassino; la orientale era aperta in direzione dei paesi del Sannio beneventano; una volgeva verso il Volturno; una guardava a sud verso il fiume Calore. La porta di Venafro, larga cinque metri circa, era distante poco più di seicento metri dalla corrispondente porta di Benevento che si trovava sul lato opposto. Attraverso le due porte passava la via Latina che, partendo da Roma, giungeva fino a Cassino e da qui proseguiva per Teano, Alife,Telesia e Benevento. Telesia era quindi attraversata da una parte all'altra dalla via Latina e questa, lungo tutto il suo percorso, era formata da grossi lastroni di selce.
Pietra viva usata per le strade della città
Le piazze di Telesia erano lastricate allo stesso modo, mentre le strade interne della città erano in pietra viva di minore dimensione. In alcuni punti poi, come lungo la strada che conduce all'Anfiteatro, ancora oggi è possibile ammirare una pavimentazione in ceramica a piccolissime mattonelle quadrate di circa due centimetri di lato, dai colori variopinti. Nonostante la vegetazione, si possono facilmente riconoscere l'arena dalla forma circolare ellittica e la cavea, suddivisa in tre ordini di gradini.Nell'anfiteatro gli abitanti di Telesia potevano assistere a manifestazioni di giuochi gladiatori e di naumachia, cioè allo scontro simulato di navi da guerra. Proseguendo poi lungo la cinta muraria, poco lontano dalla porta di Benevento, c'è un vecchio rudere, ben visibile dalla strada, che qui viene chiamato "La Connola" (la culla). Probabilmente si tratta di un antico sepolcro e, se si tiene conto che presso i Sanniti i corpi dei defunti della stessa famiglia venivano riuniti insieme, si spiega anche la grande mole del mausoleo.
Antico acquedotto
L'acquedotto entrava in città da nord seguendo il naturale percorso delle acque che, provenienti dalla montagna di S. Angelo sopra Cerreto, andavano a raccogliersi in una grande cisterna posta in prossimità delle mura. L'ingresso dell'acqua avveniva attraverso una torre esagonale posta a monte della cinta muraria con annesso serbatoio e cisterna, e la distribuzione avveniva per mezzo di condutture in piombo nelle varie zone della città. Tutta l'opera restò in funzione fino all'847 d. C. allorché Massar, un capitano dei Saraceni al servizio di Radelchi Principe di Benevento, cinse d'assedio la città e ne ottenne la resa dopo aver troncato l'acquedotto.
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